All’alba inoltrata del terzo giorno, sulle quattro del pomeriggio, mentre il treno filava a velocità insostenibile verso la Capitale, il pastore protestante fu svegliato dal fischio di un rapace, era la dodicesima volta che provava un bisogno impellente di orinare.
Fu mentre si lavava che notò la fiala.
Era una bella fiala, contenuta in un bossolo d’argento massiccio, con tanti numeri sul fianco e fregi d’autore lungo uno scavo mediano (opera, forse, dello stesso Cellini). Una fiala come non ne aveva mai viste, con un liquido, dentro, di natura oleosa. Sigillata da un tappo a pressione, un nastro di velluto rosso, e cera lacca con sopra una sigla per tutta la circonferenza.
Il pastore protestante pensò dovesse trattarsi di un profumo da collezione. Difatti, molta gente colleziona profumi. E aveva perfino conosciuto uno, uno stravagante, che collezionava libri. Ne aveva una quantità smisurata: dallo studio alle scale, dai bagni al garage. E non si stancava mai di comprarne. E più ne comprava più ne avrebbe comprati, perché lo spirito del collezionista, a un certo punto, diventa simile a un vizio. E certi vizi li si brucia, altri li si accantona, altri ancora li si accumula. Ma, soprattutto, ogni vizio è peccato, e come tale va represso.
Così, il pastore protestante intascò la fiala e tornò a dormire fino alla Capitale.


© manuela corti















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